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neuroscienze
Per molto tempo, nell’ambito delle ricerche in psicologia economica si è creduto che la nostra maniera di reagire di fronte a certi fatti ed esperienze, corrisponde a quanto queste sono oggettivamente positive o negative per noi.
Che cosa si intende per “oggettivamente” positivo? In questo caso ci si riferisce ad un risultato che ci fa guadagnare in sicurezza, riconoscimento sociale e probabilità di ricevere stimoli piacevoli, arrivando a compensare gli sforzi, le risorse e il tempo impiegato nell’ottenere quel risultato. In altre parole, il risultato positivo si svincola da una logica economicista e razionale, quello che ci motiva è direttamente proporzionale alla quantità del valore che attribuiamo alle risorse che otteniamo.
Applicando il senso comune alle Olimpiadi
Una medaglia d’oro ci farà sempre reagire in modo più positivo rispetto ad una medaglia d’argento, perché il suo valore oggettivo è maggiore: di fatto, la sua unica utilità è quella di essere un oggetto di valore maggiore rispetto agli altri trofei. Tutti gli sportivi credono che una medaglia d’oro è migliore di una d’argento o di bronzo, si pensa logicamente che il grado di felicità e di euforia che sperimentano nel vincere le prime due, sia maggiore di quello che provano vincendo il bronzo.
Questo presupposto, tuttavia, è stato messo in discussione molte volte negli ultimi decenni, dopo che varie ricerche hanno mostrato che non sempre si reagisce in modo razionale quando dobbiamo dare un valore ai nostri traguardi o ai risultati delle nostre decisioni, anche quando queste non sono ancora state prese e si sta prevedendo quello che può succedere se si sceglie una opzione piuttosto che un’altra.
Nel 1995, alla Olimpiadi di Barcellona è stata condotta una ricerca pubblicata in “Journal of personality and social psychology”, basata sulle espressioni facciali degli atleti dopo la vittoria, .
In questa ricerca si volevano paragonare le reazioni dei vincitori di una medaglia d’argento con quelle dei vincitori di un bronzo per definire in che misura il grado di rabbia o di gioia corrispondeva al valore oggettivo del trofeo.
Per realizzare lo studio si è partiti dal presupposto che “gli occhi sono lo specchio dell’anima”: si sono prese come punto di riferimento le espressioni facciali dei vincitori.
Un gruppo di studenti doveva decidere in maniera approssimativa qual era secondo loro lo stato emotivo della persona, senza sapere quale medaglia avessero vinto realmente.
È chiaro che c’è sempre la possibilità che una persona menta, però lo sforzo e la dedizione degli sportivi di alto livello fanno in modo che sia poco probabile: la tensione e la carica emotiva associata a questo tipo di competizione sono così alte che l’autocontrollo diretto a regolare l’espressione facciale, diventi più debole. Pertanto, le loro espressioni e gesti dovrebbero essere relativamente affidabili.
Gli studenti hanno assegnato un punteggio su una scala da 1 a 10 alle reazioni degli sportivi subito dopo aver saputo della vittoria e durante la cerimonia di premiazione. Dando punteggi più bassi agli atleti che apparivano più delusi o non soddisfatti e punteggi maggiori a chi esprimeva più gioia.
Argento o bronzo?
I risultati ottenuti dai ricercatori sono stati sorprendenti. Contro quello che direbbe il senso comune, gli atleti che hanno vinto una medaglia d’argento non si mostravano più contenti di quelli che avevano ottenuto il bronzo. Di fatto, accadeva esattamente il contrario.
Partendo dalle immagini registrate subito dopo aver saputo i risultati, gli sportivi vincitori della medaglia d’argento hanno ottenuto un punteggio medio di 4,8 su 10, mentre il gruppo che ha vinto un bronzo ha avuto una media di 7,1. A punteggio più alto corrisponde maggiore gioia espressa. Lo stesso risultato è stato ottenuto anche con i punteggi realizzati sulle immagine della cerimonia di premiazione. I punteggi sono stati di 4,3 per i medagliati d’argento e 5,7 per quelli di bronzo. Continuava ad apparire più felice chi aveva vinto la medaglia di bronzo.
Che cosa era successo? Possibili ipotesi di questo fenomeno
La possibile spiegazione di questo fenomeno è data dal fatto che l’essere umano non valuta oggettivamente i suoi traguardi, ma ha a che fare con i paragoni e le aspettative del contesto di riferimento. Gli sportivi che hanno vinto la medaglia d’argento alle olimpiadi avevano mancato la medaglia d’oro mentre quelli che avevano ricevuto il bronzo avevano rischiato di non vincere nulla. Se si innesca questo di tipo di pensiero “se avessi” si possono originare distorsioni della realtà che se prese in modo ossessivo causano sensi di colpa, sconfitta e vergogna. La reazione di tipo emotivo, pertanto, ha molto a che fare con l’alternativa immaginata: i medagliati d’argento possono arrivare a torturarsi pensando a che cosa sarebbe potuto succedere se si fossero sforzati un po’ di più o se avessero preso un’altra decisione, mentre quelli che vincono una medaglia di bronzo pensano all’alternativa peggiore di non vincere nulla, dato che questo è lo scenario più vicino alla loro situazione reale e con maggiori implicazioni emotive.
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