La dipendenza da internet implica l’ossessione e la compulsione per l’utilizzo del web e la difficoltà a scollegarsene, con notevoli disagi sulla qualità di vita della persona.

La dipendenza da internet è un problema sempre più diffuso soprattutto tra i giovani. Se da un lato le evoluzioni tipiche delle nuove scoperte migliorano la qualità della vita delle persone; dall’altro, un cattivo uso delle stesse è causa di notevoli disagi con ripercussioni sulla vita personale, lavorativa o scolastica. Non fanno eccezioni le scoperte tecnologiche e in modo particolare l’utilizzo di internet, che ha prodotto in modo dilagante una nuova forma di dipendenza meglio conosciuta come IAD: Internet Addicition Disorder.

Le nuove dipendenze

Le dipendenze senza sostanza, si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti anomali: tra esse possiamo considerare lo shopping compulsivo, il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da TV e da serie TV, la dipendenza da smartphone o da internet, le dipendenze dal sesso e dalle relazioni affettive, le dipendenze dal lavoro.

La dipendenza da internet è legata alla difficoltà nel controllo degli impulsi e a gestire stati emotivi dolorosi. Ad essere problematico non è di per sé il comportamento ma la compulsione e l’ossessione nell’attivarlo e la difficoltà o impossibilità a cessarlo. Le persone affette dalla dipendenza da internet infatti, dedicano un tempo prolungato all’utilizzo della rete che può arrivare anche a 40-50 o più ore a settimana. Il comportamento non è scevro da conseguenze. Di fatti, oltre a notevoli vissuti di colpa per aver perso tanto tempo al computer, la persona dipendente trascura il lavoro, gli affetti familiari, le relazioni sociali, lo studio e il proprio benessere psicofisico in genere.

I sintomi

Secondo il neuroscienziato E. Goldberg, è necessario che siano presenti i seguenti sintomi per poter fare una diagnosi di IAD:

  1. bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione;
  2. marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano legate a Internet;
  3. sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell’uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line, classici sintomi dovuti all’astinenza;
  4. necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati rispetto all’intenzione iniziale;
  5. impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l’uso di Internet;
  6. dispendio di grande quantità di tempo in attività correlate alla rete;
  7. continuare a utilizzare Internet nonostante la consapevolezza di problemi fisici, sociali, lavorativi o psicologici recati dalla rete.

Chi si fa inghiottire dalla “macchina tecnologica” sembra avere la necessità di crearsi una seconda pelle o una realtà diversa, maggiormente appagante, seppur in modo illusorio, al fine di rendere più tollerabile un mondo vissuto come frustrante, in cui i bisogni e i desideri non trovano mai un’immediata realizzazione. Tale attaccamento nei confronti della rete sembra essere maggiormente frequente nei soggetti che stanno vivendo o hanno subito degli eventi di vita sfavorevoli, oppure che presentano già dei disagi psichici (depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, gioco d’azzardo patologico, ecc.). È facile intuire come, di fronte a un male sempre più dilagante, i professionisti della salute mentale si siano dedicati allo studio di nuove terapie per curare la Internet dipendenza. Così, oltre alla psicoterapia classica in presenza, si sta diffondendo sempre di più la psicoterapia on line. Tale pratica, potrebbe essere un valido modo per avvicinare i navigatori dipendenti per poi aiutarli a uscire dalla rete.

Per saperne di più sulla dipendenza da smartphone: nomofobia

 

Un articolo tratto dal sito Efficacemente sulla dipendenza da cellulare.

 

“Il prezzo di qualsiasi cosa è la quantità di vita che dai in cambio per averla.”

H. D. Thoreau.

 

Domanda.

Immagina di essere costretto a scegliere tra: un osso rotto o il cellulare rotto.

Cosa sceglieresti?

Beh, qualsiasi persona sana di mente opterebbe per il cellulare rotto, giusto?!

…e invece no.

In una ricerca condotta da Adam Alter, professore della NYU e autore di “Irresistible: why we can’t stop checking, scrolling, clicking and watching“, è emerso che alla domanda “osso o cellulare rotto“, il 46% ha optato per l’osso rotto e anche il 54% “sano di mente” che ha scelto di sacrificare il proprio smartphone, lo ha fatto a malincuore.

La diffusione di massa degli smartphone sta generando tutta una serie di disturbi che vengono classificati dagli specialisti come delle vere e proprie malattie mentali.

La nomofobia fa parte delle nuove dipendenze, o dipendenze senza sostanze, tra cui la dipendenza da internet (IAD – Internet Addiction Disorder), il vamping, like addiction, challenge, il gioco d’azzardo patologico (GAP), ecc.

  • Cos’è (definizione ed etimologia)
  • Quali sono i suoi sintomi

Nomofobia: etimologia e significato

nomofobia significato

Il termine “nomofobia” è stato utilizzato per la prima volta in un rapporto ufficiale dell’ente di ricerca britannico YouGov e significa letteralmente: “no-mobile-phone phobia“, ovvero la paura incontrollata (fobia) di non avere accesso alle rete di telefonia mobile.

Nello specifico, dallo studio della YouGov è emerso che:

  • Il 53% dei possessori di smartphone vive un vero e proprio stato di ansia quando “perde il proprio cellulare, esaurisce la batteria o il credito residuo o non ha copertura di rete”.
  • il 58% di uomini e il 48% di donne soffrono di questa moderna fobia.
  • Il 55% dei partecipanti allo studio ha indicato come causa principale del proprio stato ansioso “il bisogno di tenersi in contatto con amici e familiari”, mentre solo il 10% ha dichiarato di dover essere rintracciabile in ogni momento per questioni lavorative.

Se questi dati ti sembrano impressionanti, allacciati le cinture, perché i ricercatori della YouGov hanno scoperto qualcosa di ancor più sconvolgente…

I livelli di stress misurati nei soggetti che soffrono di nomofobia sono molto simili a quelli generati dalla “tremarella del giorno delle nozze” o dall’odontofobia, ovvero la paura del dentista.

È ufficiale: siamo dei drogati da cellulare.

No guarda Andre’, parla per te: io non ho di questi problemi. La tecnologia è a mio servizio e non viceversa!

Sei sicuro?

Perché io invece scommetto che hai provato, almeno una volta nella tua vita, uno di questi sintomi tipici di un nomofobico…

I 10 sintomi della dipendenza da smartphone

nomofobia sintomi

Ecco i sintomi classici di chi soffre di un livello, più o meno acuto, di nomofobia.

Il nomofobico D.O.C.

  1. Porta sempre con sé un caricabatterie o una powerbank per evitare che lo smartphone si scarichi.
  2. Controlla frequentemente il cellulare per vedere se ha ricevuto messaggi o chiamate.
  3. Soffre della sindrome dello squillo fantasma, ovvero è convinto di sentire vibrazioni o notifiche (inesistenti), quando porta il cellulare nelle tasche o nella borsa.
  4. Controlla costantemente il livello della batteria prima di una chiamata importante.
  5. Se ha un abbonamento ricaricabile, si assicura che ci sia sempre credito sul suo numero.
  6. Ha più di un dispositivo o ha dato ad amici e familiari un numero alternativo per essere contattato in caso di furto, rottura o perdita dello smartphone.
  7. Tiene il cellulare sempre acceso, anche di notte.
  8. Non va mai al bagno senza smartphone.
  9. Va in panico quando non riesce a trovare la sua “tavoletta digitale”.
  10. Fa di tutto per trovare campo nei luoghi dove la ricezione è scarsa.

Ammettilo: la situazione è un pelino peggiore di quanto avessi pensato, vero?

 

Nei prossimi minuti ti spiegherò, passo passo, come liberarti della nomofobia, applicando 3 strategie estremamente pratiche e basate sui più recenti studi scientifici.

1. Cambia questa parolina nel tuo vocabolario mentale

nomofobia vocabolario

Non siamo mica deficienti.

Tutti noi, a volte, ci rendiamo conto che stiamo utilizzando il nostro cellulare decisamente troppo.

…e allora cosa ci diciamo?

Devo smetterla di controllarlo”, “Non devo più usarlo prima di andare a dormire”, “Devo giocare meno col cellulare quando studio/lavoro”, “Devo, devo, devo…”.

Usare la parolina “devo” per motivarci a fare qualcosa è la peggiore scelta possibile.

In fondo siamo dei ribelli: non amiamo fare quello che ci viene imposto (anche se a imporlo siamo noi stessi).

La motivazione nasce sempre da una scelta.

La prossima volta che ti ritrovi ad abusare del tuo cellulare, prova a cambiare il tuo linguaggio mentale utilizzando frasi di questo tipo:

  • Voglio smettere di controllare lo smartphone ora“.
  • “Non voglio usare il cellulare prima di andare a dormire, non sono quel tipo di persona”.
  • Voglio giocare meno con il cellulare quando studio/lavoro”.
  • Voglio, voglio, v0glio…”

Si tratta di un cambiamento microscopico, ma può avere risultati sorprendenti (e non funziona solo con la nomofobia).

2. “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”

nomofobia lontano

Probabilmente conoscerai il detto:

“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.

 

Una delle strategie più efficaci per combattere la dipendenza da smartphone potrebbe essere anche una delle più semplici.

Quando non hai necessità di utilizzare il tuo cellulare (ovvero nel 99,7% dei casi), mettilo in un posto che non sia a portata di mano.

Insomma, niente smartphone di fianco al libro mentre studi o sulla scrivania mentre lavori.

Mettilo piuttosto in un cassetto, nella tasca della giacca, in borsa, in un’altra stanza… in una ca**o di cassaforte in fondo alla Fossa delle Marianne se necessario!

3. Datti una regola(ta)

Vediamo se questa scena ti è familiare: sei a letto, decidi di controllare lo smartphone solo “5 secondi” e poi accade questo…

La scena che hai appena visto (e che probabilmente hai anche vissuto) ha un nome scientifico ben preciso: si chiama “ciclo ludico“.

In pratica ti riprometti di dare una “controllatina veloce” al cellulare e così apri la prima app (che so, Facebook); controllate le notifiche e il newsfeed di Faccialibro, passi alla seconda app, poi alla terza e così via.

Concluso il primo round, saranno sicuramente arrivate nuove notifiche nella prima app e così il ciclo ricomincia e le ore passano senza che tu te ne accorga.

Ma perché non riusciamo a smettere?!

Secondo la ricercatrice Natasha Schüll, durante il “ciclo ludico” la nostra mente entra in una sorta di trance in cui continua a ripetere attività che creano dipendenza grazie al rilascio di dopamina (es. controllare nuove notifiche).

Solo quando raggiungiamo la saturazione (se non addirittura la nausea) veniamo risvegliati da questo stato di trance.

Il problema è che sono passati uno zilione di minuti e noi abbiamo procrastinato viulentemente attività che avrebbero davvero contribuito alla realizzazione dei nostri sogni.

Che fare in questi casi?!

Il metodo più efficace per uscire dal “ciclo ludico” è quello di decidere a priori quanto tempo dedicheremo alle distrazioni, magari impostando un timer prima di iniziare la “sagra delle notifiche”.

Se la soluzione del timer ti sembra un po’ troppo “soffocante”, ho pensato ad un’alternativa che potrebbe essere utile ad entrambi…

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